di Lin Yutang
Felicità negativa e felicità positiva
Non ci perdiamo in astrattezze quando parliamo di felicità, ma stiamocene ai fatti e analizziamo per nostro uso e consumo quali sono i veri momenti felici della nostra vita.
In questo nostro mondo, la felicità è assai spesso negativa: completa assenza di dolore, mortificazione, o pena corporale. Ma la felicità può anche essere positiva, e allora la chiamiamo gioia.
Per me, ad esempio, i momenti veramente felici sono:
- quando mi sveglio la mattina dopo una notte di perfetto riposo e aspiro l’aria mattutina che mi dilata i polmoni ;
- quando mi sento disposto a inspirare profondamente e provo la piacevole sensazione della distensione della pelle e dei muscoli del torace, e quando, di conseguenza, mi sento intonato al lavoro;
- o quando ho la pipa in mano e le gambe distese in poltrona e il tabacco arde lentamente e ugualmente; o quando in cammino in una giornata torrida, la gola arsa dalla sete, vedo una bella e chiara sorgente, il cui suono soltanto basta a farmi felice, e mi levo scarpe e calzini, e immergo i piedi nella deliziosa acqua fredda;
- o quando, dopo un pranzo perfetto, mi stendo in una sedia a sdraio; quando non vi è nessun disturbatore nella compagnia, e la conversazione scorre via a passo leggero verso una ignota destinazione, e mi sento fisicamente e spiritualmente in pace col mondo intero. […]
- Quanto mi è impossibile dire se amo i miei figli fisicamente o spiritualmente,
- quando odo il loro chiacchierio o vedo i loro polpacci muscolosi, altrettanto sono incapace di distinguere tra le gioie della mente e le gioie della carne.
Può mai qualcuno amare una donna spiritualmente senza amarla fisicamente? Ed è cosa tanto facile a un uomo analizzare e separare i vezzi della donna che ama — il riso, i sorrisi, quel certo modo di piegare il capo, quel determinato atteggiamento verso le cose? Senza considerare che ogni fanciulla si sente più felice quando è vestita bene. Vi è un elemento tonico nel rossetto sulle labbra, una calma spirituale e un contegno che derivano dal sentirsi vestita bene, sostanziale e ben definito per la fanciulla stessa, di cui lo spiritualista non ha il menomo sentore. Essendo anch’essa un prodotto di questa carne mortale, la divisione che separa la carne nostra dal nostro spirito è straordinariamente esigua ed il mondo dello spirito con le sue emozioni più delicate, coi suoi massimi apprezzamenti di bellezza spirituale, non può esser raggiunto che attraverso i nostri sensi.
Non esiste quel che chiamiamo moralità o immoralità nei sensi del tatto, dell’udito e della vista. Esiste, invece, grande probabilità che la nostra perduta capacità di godere le gioie positive della vita, sia dovuta in larga misura alla diminuita sensibilità dei nostri sensi per parziale disuso.
Importanza di vivere di Yutang Lin e P. Jahier (9 apr. 1986)