Come e dove il cervello registra le memorie dei fatti recenti?
Un nuovo studio suggerisce che le memorie di fatti appena accaduti possa essere conservata da un piccolo numero di neuroni distribuiti nell’area cerebrale dell’ippocampo. La conoscenza di come il cervello codifichi le memorie fornirà comprensioni sui problemi di memoria che riguardano l’invecchiamento normale e la demenza.
L’ippocampo gioca un ruolo critico nella memoria. La maggior parte della ricerca passata si è concentrata sulla memoria semantica – il ricordare fatti, come personaggi famosi e punti di riferimento. L’esposizione a una faccia particolare o a un luogo è collegata a un piccolo numero di neuroni dell’ippocampo; questi neuroni, perciò, si attivano quando la memoria è richiamata. Ma come il cervello formi le memorie episodiche – la memoria dei fatti accaduti – non è ancora noto.
I ricercatori hanno suggerito almeno 3 diverse modalità in cui il cervello potrebbe codificare le memorie episodiche. In uno schema localistico, un singolo neurone potrebbe codificare una sola memoria, e ogni memoria sarebbe legata all’attività di un solo neurone. In uno schema pienamente distribuito, ciascuna memoria verrebbe codificata mediante uno schema di attività svolta da molti neuroni. In uno schema distribuito in modo sparso, ciascuna memoria sarebbe codificata dall’attività di una piccola porzione di neuroni, e ciascun neurone contribuirebbe a poche memorie.
Un gruppo di ricerca diretto dal Dr. Peter N. Steinmetz del Barrow Neurological Institute in Phoenix, Arizona, e Drs. John T. Wixted and Larry R. Squire, dell’ University of California, San Diego, hanno investigato su come le memorie episodiche sono codificate. Il loro studio patrocinato dal NIH’s National Institute of Mental Health (NIMH) è stato pubblicato online sul numero del 16 Giugno,2014 nei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS ).
Gli scienziati hanno esplorato i meccanismi della memoria a livello di un singolo neurone studiando il cervello di 9 pazienti affetti da epilessia severa in trattamento presso l’Istituto Neurologico Barrow. I pazienti avevano degli elettrodi profondamente impiantati in varie aree del cervello incluso l’ippocampo. Questi fini elettrodi sono usati per individuare le regioni del cervello che causano le contrazioni per una potenziale rimozione chirurgica. Essi possono essere usati anche per raccogliere informazioni su come le singole cellule cerebrali elaborano le memorie.
Ai pazienti venne chiesto prima di memorizzare 32 parole bersaglio e poi a partecipare a un test di riconoscimento di parole contenute in una lista più lunga, comprendente le 32 parole della prima e altre 32 nuove, diverse ma che le ricordavano; ogni singola parola era presente nella lista una sola volta. Ai partecipanti allo studio venne chiesto di distinguere le vecchie dalle nuove parole e di indicare anche quanto bene ricordassero le parole della prima lista studiata. I ricercatori hanno scoperto che i neuroni dell’ippocampo divenivano attivi molto di più quando alle persone venivano presentate le parole bersaglio rispetto a quelle similari, suggerendo che queste cellule siano rappresentative di memorie specifiche.
Insieme, I pazienti completarono un totale di 18 test. Gli scienziati hanno scoperto che una piccola percentuale dei neuroni studiati (meno del 2%) rispondeva a una singola parola bersaglio. Analogamente, una piccola percentuale di parole target (circa il 3%) evocava una forte risposta in ogni singolo neurone. Questo schema suggerisce che l’ippocampo umano usa un codice distribuito in modo sparso per archiviare le memorie episodiche.
Il Dr. Peter N. Steinmetz , uno degli autori dello studio, ha commentato: “ Per capire davvero come il cervello rappresenta la memoria, abbiamo bisogno di capire come la memoria è rappresentata dalle unità computazionali fondamentali del cervello – il singolo neurone – e i suoi collegamenti. La conoscenza del meccanismo di archiviazione e di richiamo delle memorie è un passaggio critic nella comprensione di come trattare nel modo migliore malattie come la demenza che colpisce un numero crescente di persone anziane”. [(National Institute of Health (NHI)]