Riflessioni tratte da Colloqui con se stesso di Marco Aurelio
- […] Difficilmente si vede qualcuno infelice perché non considera che cosa avvenga nell’anima di un altro; mentre chi non segue i moti della propria anima fatalmente è infelice.
- Bisogna sempre tenere a mente questi punti: qual è la natura del tutto e quale la mia; in quale relazione questa sta con quella e quale parte è di quell’intero; che nessuno può impedirti di agire e di esprimerti sempre in conformità alla natura di cui sei parte.
- […] Fare, dire e pensare ogni singola cosa come chi sa che da un momento all’altro può uscire dalla vita.
Ma congedarsi dagli uomini non è nulla di grave se gli dèi esistono: non vorrebbero certo travolgerti nel male; e se d’altra parte o non esistono oppure non si curano delle cose umane che mi importa di vivere in un mondo privo di dèi o privo di provvidenza? Ma non è così: esistono e si occupano delle cose umane e hanno attribuito all’uomo il pieno potere di non incorrere in quelli che sono veramente mali; quanto agli altri, se qualcuno di essi fosse davvero un male gli dèi avrebbero anche provveduto a che tutti avessero la facoltà di evitarlo. Ma ciò che non rende peggiore l’uomo come potrebbe rendere peggiore la vita dell’uomo? - La natura dell’universo non avrebbe mai trascurato queste cose per ignoranza e neppure perché pur conoscendole non potesse prevenirle o correggerle né avrebbe compiuto per impotenza o inettitudine un simile errore e cioè che bene e male toccassero in egual misura indistintamente agli uomini buoni e ai cattivi. La morte appunto e la vita, la fama e l’oscurità, il dolore e il piacere, la ricchezza e la povertà, tutte queste cose accadono in egual misura agli uomini buoni e ai cattivi in quanto non sono moralmente belle né brutte. Non rientrano quindi nelle categorie del bene né del male.[…]
- […] Anche se tu dovessi vivere tremila anni e dieci volte altrettanto in ogni caso ricorda che nessuno perde altra vita se non questa che sta vivendo né vive altra vita se non questa che va perdendo. Pertanto la durata più lunga e la più breve coincidono. Infatti il presente è uguale per tutti e quindi ciò che si consuma è uguale e la perdita risulta così insignificante. Perché nessuno può perdere il passato né il futuro: come si può essere privati di quello che non si possiede? Ricordare sempre quindi questi due punti: il primo che tutto dall’eternità è della medesima specie e ciclicamente ritorna e non fa alcuna differenza se si vedranno le stesse cose nello spazio di cento o di duecento anni o nell’infinità del tempo; il secondo che sia chi vive moltissimi anni sia chi dopo brevissimo tempo è già morto subiscono una perdita uguale. È Solo il presente infatti ciò di cui possono essere privati poiché è anche l’unica cosa che possiedono, e uno non perde quello che non ha. […]